Good Distribution Practice “le abbiamo aspettate tanto, non perdiamo l’occasione”
Nel nuovo numero di AboutPharma il Direttore Generale ASSORAM Mila De Iure esamina criticità e dubbi interpretativi della bozza di Decreto di recepimento delle Good Distribution Practice.
Di seguito un estratto, l’articolo completo è consultabile sul sito di AboutPharma
INDICE DEI CONTENUTI
- Introduzione
- Un primo glossario delle Gdp
- La mappa italiana di depositi e magazzini
- Verso il pieno riconoscimento del settore
- I nodi della temperatura controllata
- Le criticità connesse all’hub del trasporto
- Persona responsabile: una figura da valorizzare
- Il tema della reperibilità
- Tempi dei resi: serve realismo
- Conclusioni
Parlare di distribuzione farmaceutica è parlare di un servizio ad alto valore sociale che tuttavia ancora oggi è poco conosciuto presso il grande pubblico. Si percepisce chiaramente il valore dell’industria a monte e altrettanto chiaramente quello della farmacia a valle; i servizi dell’anello intermedio, benché meno noti, tuttavia sono di centrale importanza nella gestione integrata dell’attività di approvvigionamento di medicinali e dei prodotti e servizi della salute in generale.
Con l’emanazione delle Good distribution practice (Gdp) del 5 novembre 2013 a livello europeo si è condiviso un nuovo modello da perseguire per ammodernare ed efficientare la distribuzione, basato sulla gestione del rischio. L’Italia ne sta ultimando in queste settimane la messa a terra – attraverso un decreto ministeriale di recepimento – visto che finora sono state considerate vigenti le Buone Pratiche di Distribuzione, di cui al decreto ministeriale 6 luglio 1999, data la natura non self executing delle linee guida comunitarie ovvero la non diretta applicabilità delle stesse in ogni singolo Stato membro.
Assoram, fin dalla pubblicazione delle GDP nella Gazzetta Europea aveva evidenziato, nell’ambito della consultazione pubblica tempestivamente aperta dal Ministero della Salute, che il sistema italiano della distribuzione è diverso e molto più complesso rispetto a quello europeo e che quindi occorresse fare uno sforzo di valutazione delle specificità nazionali, in relazione ai diversi distributori tenuti ad applicarle. Da allora sono passati dodici anni e le evoluzioni della supply chain farmaceutica hanno galoppato: basti pensare alle pratiche anti-contraffazione e al sistema europeo della serializzazione a cui l’Italia ha aderito a partire dal 9 febbraio scorso e che integra pienamente le modalità di tracciabilità e rintracciabilità dei flussi farmaceutici.
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Verso il pieno riconoscimento del settore
Nella bozza di decreto attualmente all’esame delle sigle di rappresentanza, Assoram ha evidenziato innanzitutto la necessità del pieno riconoscimento del sistema distributivo italiano, che ricorre per la quasi totalità alla gestione in outsourcing da parte di titolari di AIC degli asset di stoccaggio e trasporto e anche di molteplici altri servizi ad alto valore strategico. Partire da questa considerazione è necessario per dare valore al comparto essenziale degli operatori logistici e dei trasportatori specializzati e per dimensionare sulle specificità della filiera distributiva le novità in corso di elaborazione.
È per questo che abbiamo sottoposto al Ministero della Salute una serie di importanti considerazioni che ci auguriamo possano essere oggetto di confronto dialettico, prima della pubblicazione del testo definitivo, con gli altri stakeholders di filiera. Abbiamo quindi segnalato che alcune disposizioni non dovrebbero interessare gli operatori logistici autorizzati ex articolo 108 del decreto legislativo 219/2006 e successive modificazioni.
Si tratta di quelle disposizioni (ad esempio la qualifica di clienti e fornitori) che non sono di loro competenza in quanto gestite direttamente dai titolari all’immissione in commercio (Mah), proprietarie dei prodotti. Il trasporto farmaceutico in Gdp riceve la massima attenzione e un intero capitolo dedicato, che evidenzia la piena consapevolezza istituzionale sul valore essenziale di questa fase estremamente delicata e complessa nella gestione integrata della distribuzione farmaceutica.
I nodi della temperatura controllata
È responsabilità del distributore garantire che un prodotto medicinale sia gestito in accordo alle condizioni specifiche riportate in etichetta anche durante le fasi di trasporto. La corretta conservazione al di fuori dei locali produttivi e di stoccaggio è uno dei fattori più critici e determinanti per la stabilità e conseguentemente per la qualità, efficacia e sicurezza del medicinale. Per la garanzia, anche durante la fase di trasporto, dell’integrità e della qualità del prodotto e la protezione contro sofisticazione e furto, al distributore è richiesto di applicare il Quality Risk Management (QRM) nella pianificazione del trasporto ma anche nell’analisi della operatività generale.
Nell’ottica delle possibili ottimizzazioni per una logistica più sostenibile anche dal punto di vista ambientale e in conformità a un dibattito vivo a livello comunitario sulla transizione green, abbiamo focalizzato la nostra attenzione su tutti gli sprechi energetici evitabili. In una filiera come quella farmaceutica sono ammesse per definizione solo quelle azioni di saving che non espongono in alcun modo i prodotti della salute a rischi di sicurezza e stabilità.
Con la nostra Commissione Tecnica Qualità, che riunisce le competenze delle Persone Responsabili e dei QA (Quality Assurance) dei distributori associati, abbiamo in particolare iniziato a ragionare sullo specifico range di temperatura 15°-25°C, partendo dalla valutazione ormai consolidata che quest’ultimo non è espressamente disciplinato nell’apparato normativo nazionale e internazionale, né nelle farmacopee. Ciò considerando che la Circolare 13 gennaio 2000 numero 2 del ministero della Sanità – relativa alle “Informazioni sulla temperatura di conservazione dei prodotti medicinali” – prevede limiti variabili a seconda dei casi (es. non conservare al di sopra di 30°C, conservare tra 2°e 8°C, non congelare né mettere in frigorifero etc.).
Volendo restringere il campo di analisi al solo range 15°-25°C abbiamo dunque ipotizzato che potrebbe essere prassi comune degli operatori riportare nei Quality Agreements tra le aziende mandanti e i poli logistici/trasportatori, l’indicazione di un range che non superi ovviamente 25°C e che tuttavia possa arrivare in basso fino a 8°C, considerando che il limite minimo non è espressamente disciplinato, lasciando il mantenimento dello specifico range 15°-25°C ai prodotti la cui stabilità potrebbe realmente risultare compromessa a una temperatura inferiore ai 15°C, su indicazione dei produttori.
Le criticità connesse all’hub del trasporto
La bozza di proposta ministeriale introduce ulteriori elementi di criticità prevedendo che all’hub del trasporto “si applichino tutte le disposizioni per il trasporto dei medicinali sotto la responsabilità del distributore. La durata del deposito temporaneo in attesa della successiva fase di trasporto deve essere ridotta al minimo e comunque non può superare le tre ore o, solo se inferiore, il tempo massimo indicato espressamente dal distributore. Un deposito temporaneo superiore alle tre ore è consentito solo nei propri magazzini autorizzati ai sensi dell’art. 100 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219”.
Questo nuovo capoverso, non presente nel testo delle Gdp europee, pone due criticità. La prima riguarda il limite delle tre ore per il deposito temporaneo negli hub del trasporto, limite che appare eccessivamente restrittivo in relazione sia alla normativa comunitaria sia all’applicazione delle Gdp nei Paesi membri oltre che ai provvedimenti regionali in merito. L’analisi che abbiamo condotto circa il recepimento delle Gdp del 5 novembre 2013 in altri Paesi europei ed extra-Ue ha rivelato una certa disomogeneità di recepimento che tuttavia evidenzia l’eccessiva restrizione della proposta italiana. Spagna e Francia hanno recepito le Gdp tali e quali, senza introdurre limiti temporali specifici per gli hub di transito. Il Portogallo è l’unico tra i Paesi analizzati ad aver definito un tempo massimo di trasporto, stabilendolo in “non più di 48 ore”.
Il Regno Unito ha recepito le Gdp senza modifiche. A livello nazionale, solo le Regioni Lazio e Sardegna hanno disciplinato gli hub di transito, sottoponendoli ad autorizzazione per stoccaggi superiori a 24 ore. Le stesse Gdp veterinarie (Regolamento di esecuzione UE 2021/1248), che ricalcano in toto quelle ad uso umano, conservano il concetto della durata minima dell’immagazzinaggio temporaneo in attesa della successiva fase di trasporto. Il limite di ore indicato dal ministero della Salute impatterebbe dunque in maniera significativa sui processi distributivi nel territorio italiano creando disservizi nella regolarità dei rifornimenti. La seconda criticità riguarda un’autorizzazione specifica e semplificata rispetto a quella di cui all’articolo 100 del decreto legislativo 219/06 che tenga conto delle peculiarità operative degli hub del trasporto.
Parallelamente, andrebbero definite competenze, compiti e responsabilità della figura del responsabile dell’hub di transito. In questi hub, infatti, le spedizioni sono gestite esclusivamente per essere instradate alla fase successiva della distribuzione e anche la figura del responsabile dell’hub di transito ha compiti e responsabilità peculiari rispetto a quelli previsti per la PR di magazzino di distributore autorizzato ai sensi dell’articolo 100 del dlgs 219/06.
Questo eccesso di regolamentazione da parte del ministero della Salute potrebbe trovarsi in contrasto con il cosiddetto divieto di imposizione di oneri normativi amministrativi e burocratici ulteriori rispetto a quelli espressamente richiesti dal provvedimento dell’Unione europea. Come noto, eventuali differenze in eccesso nell’applicazione del diritto dell’Unione europea possono avere come effetto quello di aumentare oneri burocratici che gravano sulle imprese e, in ultima analisi, sui cittadini dello Stato che viola il divieto di gold-plating e, conseguentemente, creare un danno alla concorrenza tra gli operatori economici, dovuta ad un’applicazione disomogenea del diritto dell’Ue da Paese a Paese.